La storia
Storia di Angelo Berti
ANGELO BERTI : GASTRONOMO UMANISTA
Angelo Berti nacque a Ostiglia (Mantova) il 16 gennaio 1909, l’infanzia e l’adolescenza la visse nella trattoria gestita dalla mamma, ottima cuoca, dalla quale apprese i primi elementi del “mangiar materno”, in tal modo la cucina mantovana, casereccia, senza orpelli, divenne sangue del suo sangue.
Non si sarebbe certamente accontentato, uno spirito irrequieto come il suo, di crogiolarsi nel tran tran della vita paesana tra i fornelli della madre, e sentì il bisogno di evadere per nuove esperienze che meglio si adattassero alla sua irresistibile sete di conoscenza di altre avvincenti realtà culinarie esistenti oltre i confini nativi.
Lo troviamo nelle principali città d’Italia, nei luoghi di villeggiatura più impensati, umile e silenzioso alla ricerca continua di nuovi incontri, poi raggiunge la Svizzera e infine la Francia, e qui naturalmente avviene l’esperienza eclatante: in pochi mesi, al contatto con i maggiori chef della capitale francese, assimila l’arte di quella prodigiosa cucina e raffina le sua capacità di cuoco moderno.
Nel frattempo si era sposato con Livia Tassi di Revere, sarta valente che seppe esercitare quella professione artigiana con estrema finezza; abbiamo visto poi in seguito come abbia potuto adattarsi alla nuova attività di ristorante, profondendo le sue capacità e la sua intelligenza nella cooperazione col marito e poi nell’avvio e nel sostegno del figlio Franco con la moglie Diana.
La guerra sembra distruggere i programmi di Berti. Lo troviamo a Revere (Mantova) nel ‘45 esercente di un caffè trattoria e della prima “balera” del dopoguerra: il “Dancing Azzurro” e aderente nello stesso tempo, alle idee di rinnovamento del Paese conseguenti alla lotta di Liberazione.
E’ il momento degli “Americani” tra di essi ha molti amici; cerca uno sbocco per la sua fantasia, ma è ancora presto.
L’assestamento dell’Italia sembra avanzare, la trattoria bar non gli dà soddisfazione, capisce l’andamento delle cose, riesce a trasformare una ex colonia fluviale in un “camping” sulle rive del Po di fronte alla Rocca di Ostiglia, intendendo forse, con ciò, di porsi a cavallo fra le due sponde per un’immaginaria città futura.
Purtroppo una lite con l’Amministrazione Comunale degli anni ’50 lo costringe ad abbandonare il camping di proprietà comunale, riducendolo in condizioni assai precarie.
Tempi duri e difficili. Non sa a che santo rivolgersi: apre un piccolo locale, trattoria tipica, nella centrale piazza Grazioli di Revere, poi gli nasce l’idea della “TAVERNA DEGLI ARTISTI”. Non ha mezzi per realizzarla. Un colpo di fortuna gli fa spiccare il gran salto.
Con l’inizio del cosiddetto “boom economico” i tempi sono maturi.
Anno 1957: un concorso culinario a carattere nazionale, organizzato a Bologna, lo vede vincitore del primo premio.
La notizia si rincorre da provincia a provincia. L’ascesa sta per cominciare. Si avvale della stima di un grande maestro: Casali di Cesena.
Comincia il gioco delle conoscenze: i Presidenti degli EPT di Mantova e dintorni, personaggi come l’On.Usvardi, il senatore Aimoni (ex presidente della Provincia di Mantova), l’On.Caruso, in quel tempo segretario del comune Capoluogo, e tanti altri protagonisti della politica, dell’arte, del giornalismo.
Fuori le mura avviene l’incontro decisivo per la sua breve restante vita: Dino Villani.
A questo punto occorrerebbero volumi per mettere insieme quel mosaico esaltante degli ultimi suoi straordinari e intensissimi tre anni di vita.
Diremo solamente che, senza abbandonare la tradizione di cui è vigile difensore ed esperto cultore, reinventa la cucina rinascimentale, ovviamente adattata ai nostri gusti.
Ed allora arriva il grande big-bang del pranzo mantegnesco, nella Sala dei Cavalli del Te a Mantova; il pranzo realizzato da Angelo Berti e offerto dal Comitato “Mostra del Mantegna” in onore dei giornalisti italiani e stranieri il 23 settembre 1961.
Il pranzo degli 800 realizzato a Grazzano Visconti per la “SAGRA” dei Visconti di Modrone, la grande rassegna delle “ Diete gastronomiche” al Circolo della Stampa di Milano in occasione del Symposium su l’Alimentazione dell’uomo moderno” presso la Fondazione Carlo Erba; il pranzo in costume nel Palazzo Ducale di Revere per festeggiare l’incontro dei giovani pittori e dei giornalisti del “Premio Revere”.
Nel frattempo lo coglie un male che non perdona; nonostante ciò sta scrivendo un libro sulla cucina rinascimentale da lui interpretata, sta costruendo nella mente il gigantesco e macchinoso banchetto in costume che avrebbe dovuto consegnare all’Arena di Verona, rinverdendo la fama del pranzo di Trimalcione, sta pensando all’istituzione di una Scuola Alberghiera nella sua Revere, città d’adozione, ma che tanto ama.
Purtroppo la morte, interrompendo i suoi progetti non lo risparmia e lo colpisce senza scampo il 16 Gennaio 1964.
Angelo Berti si serviva della gastronomia come mezzo per svolgere delle relazioni umane tendenti a diventare pubbliche e ad interessare e conquistare larghi e profondi strati di persone per scopi civili.
I suoi clienti diventavano suoi amici e ci tenevano alla sua amicizia.
La buona tavola intesa come gradevole mezzo di comunicazione in un clima di letizia, atto a sviluppare sentimenti distesi ed aperti all’esame sereno di ogni problema; la buona tavola di oggi per dimostrare che le glorie di ieri erano espressione di uno spirito non cancellato dal tempo.
Vincenzo Buonassisi di Berti scrisse: ” Capitò, certo, l’occasione buona, al momento giusto, il famoso pranzo dei Gonzaga che lui rifece con gusto di grande artigiano, con piglio di autentico condottiero. Ma allora non mi resi conto di quanto fosse sua, intimamente, la conoscenza della cucina rinascimentale, la passione di riportarla in una dimensione moderna”.
La fotografia che è sulla tomba di Angelo Berti, lo ritrae mentre si toglie il cappello in segno di saluto. Non un saluto di addio ma di benvenuto: il saluto della buona accoglienza nella quale c’era tutto il suo carattere ed il suo programma.
Gli alunni, ne traggano insegnamento, e ne siano fieri dell’Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri di Verona, a cui è stato intitolato.
Menu
Menu preparato da Angelo Berti e offerto dal comitato “Mostra del Mantegna” in onore dei giornalisti italiani e stranieri, nella sala dei cavalli (Palazzo Te) in Mantova il 23 settembre 1961.
Antipasti alla Rigoletto
Bianchi vini del marchesato di Gonzaga del Vicariato di Quistello di Villa pentita di Signate e di Nuvolato.
Consommé Isabella d’Este
Maltagliati alla Brentatora
Agnolotti alla Buonaccolsi
Raffoli di Libussa
Turtei con la Suca
Rossi Vini
Gaiadella, Quistello, Brazolo, Signata, Gabiana
Risot col puntel o Piat dal Guget
Risot col pesce e rane
Risotto con anitra selvatica del Po e al Lus dal Lac ad sora in salsa
Anguilla alla S. Giorgio
Conchiglia alla Barbara di Brandeburgo
Misto di crostacei alla Marin Faliero
Bianchi vini
Di Maderno e secchi dei Castelli di Jesi
Carni rosate al vino e spezie alla moda dei Canossa
Medaglioni di pollo alla Maddalena
Faraona farcita sotto la cenere
Rossi vini
Del Marchese Antinori del Castello di Meleto e del Feudo di Solferino
Arrosto di maiale con peperoni
Spiedata di uccelli alla sparafucile
Tacchino arrosto alla Polirone
Rossi vini
Dei castelli Pugliesi e di Cirò
Formaggi
Rosso vino
di Samos
Dolci frutta liquori
Alcune Testimonianze
Idolatri d’arrosti e di stufato
Epuloni, ghiottoni impenitenti
Venite alla taverna del peccato
Vi troverete pan pei vostri denti.
V’accoglierà un dannato taverniere
Dall’occhio torvo e dall’aperto cuore
Loquace al pari d’un imbonitore
E astuto più di un frate carceriere.
Pietà di voi se da gastrite afflitti
Subirete le cure del mendace,
degusterete qui gli ultimi fritti
senza poter neppur morire in pace.
Gino Sequeri
Da un articolo apparso sul giornale “La Gazzetta di Mantova” di Domenica 16 Gennaio 1977 scritto da DINO VILLANI.
Angelo Berti e il “Suo Premio”
Il notiziario dell’Accademia Italiana della Cucina, nel numero di aprile- giugno 1976, ha portato soltanto una breve notizia sull’assegnazione del Premio Angelo Berti. Accademia Italiana della Cucina , mentre essa richiedeva un commento che non è ancora stato fatto a questa iniziativa divenuta permanente dal 68, dopo che era in vita dal 1964 ed aveva in un certo senso laureato parecchi degli illustri nomi che nella scia tracciata da Orio Vergani e dai suoi amici, accademici e non, hanno contribuito con opere scritte, con la loro attività, e con iniziative varie, a portare in maggior valore la gastronomia italiana.
Il premio Angelo Berti, quello dal 1964, messo allora a disposizione dal Comune della città di Revere, venne assegnato a Vincenzo Buonassisi, per il Volume:”La cucina di Falstaff”ma in quel primo anno a pochi mesi dalla scomparsa di Berti, la manifestazione doveva assumere in carattere di un plebiscito in memoria dell’illustre gastronomo venuto a mancare quando attendeva di attuare altre importanti iniziative spettacolari di scelta nella cucina. Numerosi enti ed associazioni o persone avevano messo a disposizione premi, e poiché in quel periodo c’è stato un fiorire di opere, studi ed iniziative in favore della rivalutata Cucina; La commissione nominata dagli amici di Angelo Berti, assegnò oltre al premio del comune di Revere, la targa d’argento dell’Accademia della Cucina, al Circolo della Stampa di Milano nella persona del suo presidente Ferruccio Lanfranchi, per aver ampliato le finalità istituzionali dell’Ente, aprendole ad iniziative conviviali di risonanza, destinate a far conoscere del nostro paese; La medaglia d’Oro dell’Unione Vini, a Paolo Monelli per il volume.” Il vero bevitore”; la coppa della Sodalitas Ossorum Foratorum, a Carlo Steiner per “Il ghiottone Lombardo”, la Parete d’oro di Pino, all’Enoteca di Siena; La medaglia d’Oro degli Amici del Po, a Luigi Ugolini per la “La Caccia e la Pesca in cucina”; la medaglia d’oro del comune di Mantova all’EPT di Treviso per il “Trionfale Carosello della cucina Trevigiana”, la medaglia d’oro dell’EPT di Piacenza, all’editore Canesi; quella dell’EPT di Mantova all’Istituto Alberghiero E. Maggia di Stresa, le posate d’oro della rivista “La Cucina Italiana”; ad Angelo Pozzi, Presidente dei Maitres Italiani; Le Torri d’oro di Jagus Berti di Bologna, al cuoco Emilio Lamine e lo Shaker d’argento della rivista cocktail, a Raffele Florida. Un eccezionale intervento di personalità, di amici di Berti e di Accademici, oltre alla presenza dei premiati, diede un carattere eccezionale alla cerimonia che si svolse nel castello gonzaghesco di Revere.
Successivamente venne deciso di concentrare il premio in due sezioni per evitare di disperdere l’attenzione e così il 1965 vide premiato a Natale Ercolano cuoco della Michelangelo per l’impostazione ai menu del transatlantico ed al pittore Guido Tallone per le numerose sue magistrali opere pittoriche ispirate dalla gastronomia.
Si trattava di cercar ogni anno di scegliere uno o due categorie diverse di benemeriti, alternandole e così , nel 1967 vennero premiati Giuseppe Maffioli per il libro: “La Grande cucina”e Pino Abiami della Parete per le sue particolari benemerenze.
Nel 1968 , divenuto”Premio Angelo Berti”-Accademia Italiana della Cucina” venne assegnato al regista Giulio Macchi per la trasmissione di contenuto gastronomico. “Linea Contro Linea”: per il 1970 a Giorgio Gioco del ristorante Dodici Apostoli di Verona e risparmiamo di elencare i premi degli anni successivi anche perché si tratta di cronaca troppo recente che tutti ricordano.
Crediamo sia invece utile ricordare ai molti che non sanno o non hanno presente la figura di Angelo Berti e quello che è stato il suo contributo, visto nelle linee generali, al risveglio di pubblico interesse per la buona cucina del nostro paese non certamente nuova ai grandi riconoscimenti.
Nato ad Ostiglia, dopo aver compiuto un vasto tirocinio anche nelle cucine del transatlantico Andrea Doria, Angelo Berti, aperse un ristorante a Revere (Mantova) con l’insegna di “Taverna degli Artisti”, e cominciò ad interessare i clienti interpretando le loro aspirazioni e cercando di soddisfare con la “tavolozza “delle sue specialità.
La gente vorrebbe assaggiare tutto quello di interessante trova nella lista e Berti cerca di servire piccole porzioni (poco più di un assaggio) di quel che poteva offrire di meglio accompagnando ogni piatto con un vino diverso e cercando di contenere il prezzo.
La formula ebbe successo ed Egli si dedicò allora a cercare di tanto in tanto una nuova pietanza rispolverando ed adattandole al gusto di ogni antiche ricette della cucina gonzaghesca.
Egli era già ben noto quando si tenne a Mantova con grande successo la mostra del Mantegna e poiché sognava da tempo di organizzare un grande pranzo rinascimentale, il Comitato di Propaganda della mostra, pochi giorni prima della chiusura pensò di offrire un banchetto in onore dei giornalisti che tanto si erano interessati del grande fatto d’arte. Risparmio la cronaca della difficoltà di affrontate anche perché fui tra quelli che cercarono e riuscirono a superare con successo. Berti ci si mise di impegno e nel giro di qualche settimana riuscì a far eseguire in ceramica piatti e boccali d’epoca, in vetro di murano, i bicchieri su modelli del quattrocento, tovaglioli di lino e cucchiai di ulivo ed a mettere a punto una lista di oltre trenta portate con numerosi vini specialmente locali, andati a scovare ed a scegliere da piccoli produttori di campagna.
I commensali non dovevano essere più di cinquanta per garantire pietanze a punto ed un buon servizio, aveva detto Berti, e l’organizzazione fu rigorosa nel diramare gli inviti, tanto da crearsi eterne inimicizie e da correre il rischio di ricevere i padrini da parte di qualcuno ritenutosi trascurato. Cinque ore restarono a tavola i commensali serviti da dieci valletti in costume (erano indossatrici) e ci fu chi resistette fino all’ultima portata reclamando se qualcuna si tentava di saltarla per far più presto. Oltre alle maggiori autorità erano presenti, da Dino Buzzati a Paolo Monelli; da Nicola Benois (regista del pranzo fu Galassi Beria e la costumista Colciaghi coi costumi prestati dalla Scala) a Irene Brin, da Vincenzo Buonassisi a Brunetta; da Cesare Chiodi, presidente del T.C.I. a Massimo Alberini; dal Conte Donà Delle Rose allora presidente dell’Accademia, a Corrado Stajano.
La Rai Tv diede ampio spazio e sui maggiori mezzi di informazione, nonché sui più importanti periodici, apparvero grandi servizi fotografici a colori con testi di illustri giornalisti, che ebbero vastissima risonanza non soltanto nel valore di un rilancio della mostra, ma di funzionale presentazione delle attrattive della città di Mantova, poco nota. Mentre la mostra si teneva al Palazzo Ducale, il pranzo venne servito nel salone dei cavalli al Palazzo del Te, architettato ed affrescato da Giulio Romano.
L’eco arrivò anche negli Stati Uniti e fu tale che i grandi Magazzini Macy di New York, invitarono Berti ad andare a preparare un pranzo simile in occasione della settimana del Prodotto Italiano che avevano in programma .
Berti non accettò, ma non dormì sugli allori. Per la posa della prima pietra degli stabilimenti alimentari Sagra a Grazzano Visconti, organizzò in locali improvvisati una kermesse gastronomica per trecento persone; per la Mostra dei giovani Artisti che si tenne a Revere, servì nell’atrio del castello, appunto di Revere, un altro pranzo in costume: al circolo della stampa di Milano, accetto di preparare e di servire per un gruppo di grandi aziende alimentari (Galbani, Motta, Barilla…) un “pranzo dietologo” destinato a dimostrare che anche chi deve osservare una dieta rigorosa può mangiare bene, e riuscì tanto bene ed i giornali se ne fecero eco al punto che l’ospedale Maggiore di Milano chiese a Berti la sua consulenza.
Altri pranzi importanti e spettacolari serviti sempre con successo, ma suo chiodo fisso, insistente come un’ossessione era quello di ricostruire il pranzo di Trimalcione ed aveva iniziato trattative (dopo aver preso contatto con studiosi per attingere notizie attendibili se non sicure) per organizzarlo all’Arena di Verona. E’ facile immaginare quello che avrebbe potuto essere e quanta gente anche importante avrebbe voluto potervi partecipare, ma la salute aveva cominciato a tradirlo ed in breve si seppe, in modo irreparabile. Soltanto con una grande, immensa forza d’animo ed impegnando tutta la sua volontà e la sua profonda passione, riusciva ad andare avanti ed a curare sempre con successo, anche le iniziative minori che prendeva. Se la figura del gastronomo Berti è di primo piano, quella dell’uomo è stata tale da fargli meritare la cordiale ed affettuosa amicizia di personalità di primissimo piano e di persone autorevoli di ogni condizione sociale che andavano anche da lontano al suo ristorante. La cordialità deferente che egli mostrava con tutti , riusciva a destar simpatia anche nei clienti più difficili: alla confidenza che il cliente gli concedeva, non rispondeva mai approfittandone, manteneva le distanze e riusciva così a veder sempre accrescere la simpatia di chi lo avvicinava.
Revere deve molto ad Angelo Berti perché egli era l’animatore, l’organo motore di ogni iniziativa, la gastronomia mantovana dovrebbe essergli riconoscente poiché l’ha fatta conoscere come una delle più equilibrate, sia nelle grandi fastose occasioni che al tavolo delle osterie; ma Berti ha anche un merito fondamentale nella fondazione dell’Unione Ristoranti del Buon ricordo. Pensavo da tempo al modo di realizzare questa iniziativa confortata anche dall’entusiasmo dell’amico Orio che avrebbe voluto farla realizzare dall’Accademia perché essa avrebbe dato pratica attuazione allo scopo di far conoscere ad un vasto pubblico, un certo numero delle nostre migliori specialità gastronomiche regionali e locali.
Ma il consiglio della nostra associazione non se la sentiva di andare in un certo senso allo sbaraglio dando vita ad un’iniziativa che prevedeva di seguire e di controllare un certo numero di ristoranti dislocati in località diverse e lontane le une dalle altre. E così il progetto poteva restar per sempre tra le belle idee che non si riesce a realizzare se non fosse intervenuto Berti.
Gli avevo parlato con tanto entusiasmo che riuscii subito a vederlo convinto e deciso ad impegnarsi a fondo per realizzarla.
Trovò lui dodici colleghi disposti a costruire il primo gruppo e dopo un pranzo offerto al Circolo della Stampa di Milano da Nevio Zanni che subito aveva compreso l’importanza dell’impresa, sorse l’associazione che ebbe quel successo che sappiamo e sul quale ci intratterremo un’altra volta.
Testi tratti da articoli del giornale “La gazzetta di Mantova”
Documentazione di Eugenio Ghiraldi ex docente dell'Istituto Professionale di Stato per i Servizi Alberghieri e della Ristorazione “Angelo Berti” di Verona